Tutte le edizioni di un festival sono speciali, ma qualcuna è più speciale di altre. Soprattutto se coincidono due anniversari: i trent’anni della caduta del Muro di Berlino, e quelli del Trieste Film Festival, che proprio in quel 1989 vedeva la luce «ufficialmente» (dopo un’incoraggiante edizione pilota), da un’intuizione di Annamaria Percavassi. Da allora, Trieste e il suo festival (il primo e più importante appuntamento italiano con il cinema dell’Europa centro orientale, oggi diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo) continuano ad essere un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello occidentale. Più che un festival, un ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale. La rassegna è in programma dal 18 al 25 gennaio. L’edizione del trentennale presentata oggi non poteva che aprirsi all’insegna della Storia, quella con la «S» maiuscola: e così a inaugurare il programma al Politeama Rossetti (uno dei tre luoghi delle proiezioni, insieme al teatro Miela e al cinema Ambasciatori) sarà «Meeting Gorbachev» il film che segna l’incontro tra il grande Werner Herzog (co-regista insieme ad André Singer, che introdurrà la proiezione) e Michail Gorbacev, offrendo uno sguardo inedito su alcuni degli eventi più significativi della fine del XX secolo – dal disarmo nucleare all’unificazione della Germania – e mettendo allo stesso tempo in prospettiva la stagione dei populismi che (non solo) l’Europa sta attraversando. Herzog e Gorbacev si incontrano per tre volte nell’arco di sei mesi e, nonostante l’ultimo leader dell’Urss sia un uomo provato dalla malattia, la sua mente è lucida: il suo calore e il suo umorismo, uniti all’abilità di Herzog di scavare in angoli inaspettati della sua vita, rendono questi incontri coinvolgenti e commoventi. A seguire, nella stessa serata, si apre anche la retrospettiva che il festival dedica al Muro, con un titolo più che simbolico: «Possession», non solo un capolavoro giustamente celebrato di un amico storico del festival, Andrzej Żuławski (1940-2016), ma anche in qualche misura il «protagonista» dell’immagine scelta per il manifesto di questa edizione: una foto scattata della grande Dominique Issermann in una pausa di lavorazione del film, che ritrae la protagonista Isabelle Adjani mentre salta la corda, proprio accanto al Muro. Discorso speciale merita il film di «chiusura»: The white crow, il nuovo lungometraggio di Ralph Fiennes dedicato alla giovinezza di Rudolf Nureyev, che non chiuderà il festival ma accompagnerà la cerimonia di premiazione, eccezionalmente anticipata a martedì 22 gennaio. Nucleo centrale del programma si confermano i tre concorsi internazionali dedicati a lungometraggi, cortometraggi e documentari: a decretare i vincitori, ancora una volta, sarà il pubblico del festival. Nove i film, tutti in anteprima italiana, che compongono il Concorso internazionale lungometraggi. Molte le storie al femminile. Fuori concorso, infine «Aga» del bulgaro Milko Lazarov, in «trasferta» nelle terre innevate del Nord per raccontare il conflitto di una famiglia Inuit divisa tra modernità e tradizione. Prosegue inoltre la collaborazione del Festival con il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (Sncci), che a Trieste premierà «Dogman» di Matteo Garrone come miglior film italiano del 2018 (alla presenza del protagonista Marcello Fonte) e «Il filo nascosto» di Paul Thomas Anderson come miglior film internazionale. Quattro infine i documentari fuori concorso e tredici i cortometraggi in concorso per il Premio Fondazione Osiride Brovedani, mentre Art&Sound in collaborazione con Sky Arte premierà uno dei film della sezione attraverso l’acquisizione e la diffusione sul canale dedicato e propone quest’anno cinque titoli in anteprima che esplorano i più diversi ambiti artistici.

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