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Non ci sono solo i casi di detenzione in centri di raccolta per immigrati di giovani europei (italiani inclusi) giunti nel Regno per cercare di trovare lavoro senza il necessario visto imposto dalla stretta delle regole post Brexit dal governo Tory di Boris Johnson a gettare un’ombra sul nuovo regime di controllo dei confini britannici del dopo divorzio da Bruxelles. Il Guardian rilancia oggi il dossier evocando anche quelli di alcuni cittadini di Paesi Ue residenti da tempo sull’isola, o comunque in possesso di permessi di soggiorno e lavoro permanenti, i quali denunciano di aver invece subito di recente veri e propri interrogatori dal personale di frontiera allo sbarco in aeroporto; e d’essere stati tenuti fermi per ore prima del via libera.
    Il giornale progressista cita l’esperienza di almeno tre persone, individuate in un’inchiesta giornalistica, che lamentano di essersi ritrovate improvvisamente come di fronte alla polizia di frontiera di «uno Stato nemico»: vittime di sospetti e di linee guida non sempre chiare sull’applicazione delle nuove norme. «Io – dice ad esempio Wolfgang, businessman tedesco trapiantato a Londra – ho il settled status (status privilegiato assicurato dall’iscrizione a un registro digitale del ministero dell’Interno del Regno a tutti i cittadini europei residenti da prima della Brexit a tutela del mantenimento dei diritti precedenti, ndr), ho il permesso di soggiorno a tempo indefinito e sto per diventare cittadino britannico. Come è possibile che un funzionario di dogana ottuso possa sospendere i miei diritti?», si chiede quindi polemico, non senza invocare il rilascio di un documento scritto per chi dispone della residenza permanente, dati i problemi che a volte rischiano di sorgere nella verifica di questi permessi nel solo formato digitale previsto dal governo.
    Marco, italiano, assunto di recente da una banca alla City, gli fa eco raccontando al Guardian di essere stato a sua volta trattenuto in aeroporto per «quasi tre ore», pur disponendo di un regolare visto elettronico di lavoro. Visto sul cui riconoscimento attraverso il passaporto le linee guida governative non sembrano «essere ancora chiare» alle guardie di confine. (ANSA).
   

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